«L’alpeggio va concepito come risorsa, riconoscendo agli imprenditori agricoli quel ruolo di presidio attivo svolto sul territorio. Si tratta di scegliere: o se ne riconosce il valore storico, culturale, economico e identitario – intervenendo di conseguenza – oppure tutto ciò che rappresenta l’attività zootecnica in quota andrà, nel tempo, irrimediabilmente a perdersi, con conseguenze drammatiche per il territorio».
Per Coldiretti Sondrio, nell’intervenire sul capitolo alpeggi, «la risposta appare scontata: gli alpeggi vanno difesi e non possiamo che sostenere le istanze delle nostre imprese agricole. Una legittima richiesta di attenzione e di aiuto che rimarca le difficili peculiarità dell’agricoltura di montagna e che siamo felici abbia incontrato la disponibilità dell’assessore regionale Massimo Sertori ad affrontare il problema. Per quanto ci riguarda, siamo pronti a un confronto che dia voce alle imprese che vivono, difendono e presidiano la montagna». Tutto muove, rimarcano Sandro Bambini e Giancarlo Virgilio, presidente e direttore di Coldiretti Sondrio, «proprio da quel valore aggiunto che va riconosciuto a chi vive e protegge il territorio montano attraverso una “presenza operativa” che continua da millenni e che, nonostante le innegabili difficoltà, continua ad attrarre numerosi giovani che ne condividono i valori. E questi giovani vanno aiutati».
E’ peraltro evidente il gap, fortissimo, che divide l’attività primaria in pianura e montagna: in quest’ultimo caso, le difficoltà aumentano a dismisura: il divario riguarda elementi diversi, dal digital divide (anche la mancanza di un semplice segnale cellulare in quota ha ripercussioni negative su imprese agricole sempre più digitalizzate) alla necessità di contrastare attacchi e invasioni dei selvatici, alla salvaguardia dei prezzi di formaggi e altri prodotti caseari che sono soggetti a fluttuazioni di mercato, al dover far fronte a costi di produzione schizzati alle stelle.
Lo stesso trasferimento del bestiame sui pascoli di alta quota nei mesi estivi comporta costi non indifferenti, che rischiano di essere accentuati in anni di condizioni climatiche avverse, come il caldo torrido e le rapide inversioni termiche che mettono a rischio l’operatività delle imprese, oltreché la salute degli animali e la produzione di cibo.
Restano anche le difficoltà logistiche, legate alle infrastrutture assolutamente insufficienti presenti in quota nelle zone più isolate, con scarse infrastrutture, che rendono difficile il trasporto di persone e merci e l’accesso a servizi essenziali.
«Per contrastare queste criticità, è necessario un impegno da parte di tutti gli attori coinvolti, dalle istituzioni alle associazioni di categoria, fino agli stessi imprenditori agricoli. È importante trovare soluzioni mirate che permettano di rendere l’alpeggio un’attività sostenibile e remunerativa, in modo da preservare questo patrimonio culturale e ambientale, che attende solo di essere fatto conoscere al mondo in occasione delle prossime olimpiadi invernali».
Alle necessarie azioni di sostegno economico da parte delle istituzioni, dovranno aggiungersi progetti mirati per lo sviluppo di nuovi mercati per i prodotti caseari e di promozione della cultura dell’alpeggio: «Tali azioni dovrebbero contribuire a rendere la vita in alpeggio più sostenibile e redditizia, in modo da attirare nuovi giovani allevatori e garantire la continuità di questa attività importante per la montagna. Coldiretti, la principale organizzazione agricola italiana, sostiene che l’alpeggio è un’attività essenziale per la montagna, in quanto contribuisce alla conservazione dell’ambiente, alla produzione di cibo di qualità e alla creazione di posti di lavoro».
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