A pochi giorni dalle Olimpiadi Invernali Milano-Cortina 2026, il dibattito pubblico è ancora concentrato sull’evento sportivo. Ma un seminario organizzato da INU Lombardia, insieme agli Ordini degli Ingegneri e degli Architetti di Sondrio, ha spostato l’attenzione su un tema cruciale: cosa resterà davvero ai territori alpini una volta spenti i riflettori?
L’incontro, ospitato nella Sala Besta della Banca Popolare di Sondrio–BPER e curato da Stefano Di Vita, Luisa Pedrazzini e Pietro Maspes, ha messo al centro fragilità, opportunità e rischi della tanto evocata legacy dei Giochi.
Olimpiadi Invernali 2026 e riduzione dei divari territoriali: la domanda chiave
La questione emersa è semplice e titanica allo stesso tempo:
in che modo i Giochi Olimpici possono contribuire alla rigenerazione delle aree montane, riducendo storici divari territoriali?
Il seminario ha offerto risposte plurali, basate su studi, ricerche e testimonianze dirette.
Governance complessa, ritardi e territori esclusi: le criticità emerse
Nel contributo di Stefano Di Vita e Luisa Pedrazzini è apparso chiaro un primo bilancio non privo di ombre:
governance frammentata
ritardi nelle opere e concentrazione solo su quelle “necessarie”
incertezza sul loro utilizzo post-2026
aumento dei costi
scarso coinvolgimento degli Ordini professionali locali
esclusione dei territori non direttamente inseriti nei cluster olimpici
Un quadro che rischia di indebolire la costruzione di una legacy solida e condivisa.
La Valtellina come territorio “di mezzo”
Particolare attenzione è stata rivolta alla Valtellina, descritta come territorio intermedio tra città prealpine e località turistiche di alta quota.
Qui convivono:
conurbazioni in trasformazione
aree “di mezzo” in contrazione
valli laterali remote, ricche di qualità ambientale ma povere di servizi
La rigenerazione passa necessariamente per:
potenziamento dei servizi
pianificazione transcalare e transfrontaliera
cooperazione territoriale come vero motore di sviluppo
Le risorse strategiche dell’area retica: acqua, biodiversità e identità
Il sociologo Aldo Bonomi ha definito le Alpi retiche come “la nostra Amazzonia”, per la loro concentrazione di risorse ambientali e biodiversità. Da bis-residente, ha richiamato l’importanza delle relazioni tra la grande Milano e i borghi montani.
Bonomi sottolinea:
non esiste smart city senza smart land
Milano deve riconoscere la sua collocazione nella macroregione alpina
il marketing territoriale non basta: serve coscienza di territorio
L’obiettivo non deve essere imitare Cortina, ma costruire una piattaforma alpina autentica, basata sul valore della terra e sulle relazioni sociali.
Montagna, metropoli e sistemi territoriali complessi
Nel suo intervento, il geografo Paolo Torricelli ha offerto una lettura multilivello del rapporto tra montagna e metropoli, invitando a considerare le dinamiche a tutte le scale: locale, regionale, nazionale.
Oltre il turismo: nuove forme di abitare e accoglienza
L’urbanista Francesca Mazza ha proposto uno scenario “oltre il turismo”, dove il climate change e i cambiamenti nella domanda abitativa aprono nuove possibilità di rigenerazione.
La Valtellina potrebbe diventare laboratorio di:
sistemi di servizi interconnessi e multifunzionali
reti ambientali e fruitive
valorizzazione delle valli laterali e dei luoghi abbandonati
La sintesi locale: l’intervento di Pietro Maspes
Nel suo intervento conclusivo, Pietro Maspes ha riassunto il quadro in un messaggio netto:
i Giochi sono fatti
le opere sono quasi concluse
la vera sfida è la legacy
Perché la montagna tragga beneficio reale dall’evento, serviranno:
politiche coordinate a tutti i livelli istituzionali
visione di lungo periodo
partecipazione attiva della cittadinanza, come avvenuto a Milano durante Expo
Conclusione: una riflessione necessaria prima della “tempesta olimpica”
Il seminario ha riaperto un dibattito cruciale: le Olimpiadi possono diventare una leva di sviluppo per i territori alpini solo se la governance sarà capace di trasformare un evento effimero in una strategia duratura.
Senza una visione condivisa, il rischio è che, passata la festa, resti solo la montagna a fare i conti con fragilità, ritardi e occasioni mancate.
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