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Marco Amelia, l’artefice dell'”impresa Sondrio Calcio”, si racconta al Panathlon Club

today17 Maggio 2025

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Grazie al suo contributo, il Sondrio Calcio ha ottenuto la salvezza in Serie D. La partita decisiva si è svolta sul campo della Castellina, dove i padroni di casa hanno sconfitto la Varesina per 2 a 0.

Protagonista di questa impresa, come lui stesso l’ha definita, è Marco Amelia, classe 1982, campione del Mondo a Berlino nel 2006 e allenatore (riconfermato anche per la prossima stagione)  del Sondrio Calcio.

“Sono arrivato qui con molte aspettative – ha esordito l’ospite del Panathlon Club di Sondrio nella conviviale di maggio – avevo subito dato la mia disponibilità, ma avevo alcuni problemi con la mia precedente società. Quando sono riuscito a risolverli, è iniziato un percorso arduo e impegnativo”.

In Valtellina, Amelia afferma di aver trovato una terra accogliente, che gli ha permesso di realizzare una vera e propria impresa, considerando che le altre squadre con cui avevano a che fare avevano sicuramente maggiori conoscenze.

La serata è stata l’occasione per rivivere non solo le recenti emozioni, ma soprattutto quelle passate, che hanno caratterizzato la carriera sportiva di Marco Amelia, a partire dall’indimenticata vittoria del mondiale tedesco: “Sono passati ormai 18 anni – ricorda – ma ancora oggi tutti ricordano quell’esperienza. Siamo partiti quando era appena iniziato lo scandalo di calciopoli e c’era il rischio che non riuscissimo a partecipare al mondiale. Fortunatamente, al nostro arrivo in Germania non abbiamo trovato ostilità e siamo riusciti a fare ciò che non credevamo possibile”.

Dal rigore decisivo di Grosso in poi, l’allenatore del Sondrio Calcio ammette di ricordare poco o niente: “L’emozione è stata talmente forte che ancora oggi, a distanza di quasi vent’anni, tutti si ricordano di quel momento”.

Terzo portiere nella nazionale italiana nonostante fosse stato nominato, quell’anno, il portiere più forte in Italia durante la sua esperienza con il Livorno, Amelia ricorda il suo ruolo di “fratello minore” di Gigi Buffon: “Ci siamo sostenuti a vicenda perché abbiamo vissuto situazioni molto difficili, ma allo stesso tempo abbiamo vissuto e convissuto nel miglior modo possibile. Avevo soli 24 anni – ha proseguito – eravamo dei ragazzi e insieme ci siamo sostenuti per andare avanti. La vera finale, seppur simbolica, è stata battere in semifinale la Germania per poi sconfiggere la Francia, la grande favorita”.

“Possiede un curriculum nel mondo del calcio invidiabile – ha invece ricordato il socio Dalio Cesaroni – a partire dal bronzo olimpico ad Atene nel 2004 e al doppio scudetto con Roma e Milan, oltre ad essere stato uno dei pochi portieri ad aver realizzato una rete anche in Coppa Europa. Ma al di là della carriera sportiva, in lui c’è una conoscenza del mondo calcistico davvero di ampio respiro”.

E non è dunque un caso se sono poi state toccate tematiche di cui difficilmente si discute quando si parla di calcio, quali le fragilità dei giocatori odierni e l’influenza devastante dei social media, che spesso mettono alla gogna giovani promettenti: “Oggi i ragazzi sono più fragili – ha evidenziato Amelia – prima c’era solo il giudizio dei media, ora anche quello dei social, che a volte può essere davvero spietato, soprattutto per chi non ha ancora un carattere forte. Per questo i giocatori sono spesso supportati anche dal punto di vista psicologico – ha proseguito – anche nel mio piccolo qui a Sondrio ho dovuto fare questa svolta, perché quando sono arrivato molti di loro erano demotivati dopo i risultati ottenuti”.

Secondo la sua opinione, il problema risiede spesso nel percorso che porta i giovani a diventare giocatori professionisti. Se in passato la preparazione mentale era meno necessaria, oggi le critiche sui social network risultano imprevedibili e spesso lapidarie. “È proprio questo aspetto a mettere a dura prova i giovani”, ha sottolineato Amelia, “non sono pronti ad affrontare simili offese, e per questo il supporto di un esperto è fondamentale”.

In merito all’esperienza maturata con allenatori di fama come Mazzoni, Lippi e Allegri, Amelia afferma: “Da loro si comprende perché alcuni allenatori ottengono risultati eccellenti mentre altri no. La loro mentalità era caratterizzata da una conoscenza tecnico-tattica delle diverse fasi di gioco così approfondita da riflettersi nel rapporto con ogni singolo giocatore, trattandolo in base alle sue specifiche caratteristiche”.

Riguardo ai grandi campioni, Amelia sostiene che la vittoria non rappresenta un punto di arrivo, ma un nuovo punto di partenza: “Subito dopo un successo, si inizia a pensare alla rivincita. Altrimenti, si rischia di vivere in un’eterna celebrazione, come accaduto alla Roma dopo la vittoria dello scudetto, compromettendo la possibilità di ottenere ulteriori trionfi”.







Scritto da: Sara Baldini

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