“Le liste d’attesa crescono di giorno in giorno, ma la maggioranza di governo in Regione non fa niente.
Anzi respinge le proposte per provare a migliorare la situazione”.
E’ un coro unanime di delusione e protesta quello che si alza dai rappresentanti del Partito democratico valtellinesi e lombardi dopo la bocciatura, martedì scorso nell’aula del consiglio regionale, della mozione con cui il gruppo consiliare dem voleva contribuire a rilanciare la sanità pubblica affrontando con più forza ed efficacia proprio l’emergenza delle lunghe attese e della carenza di medici di famiglia.
La mozione proponeva di farlo sia attraverso un Piano straordinario di riduzione delle liste che disciplini annualmente la tipologia delle prestazioni sanitarie e i volumi di attività necessari per dare adeguate risposte di salute ai cittadini, sia attraverso un “Piano MMG” che entro sei mesi garantisca che ogni cittadino lombardo, con particolare riguardo alle persone fragili e anziane, veda assicurato il diritto ad avere il proprio medico, incentivando questi ultimi ad esercitare negli ambiti carenti e nei territori più complessi, anche con la messa a disposizione di spazi pubblici adeguati.
“Quello che è avvenuto martedì scorso in consiglio regionale è l’ennesima dimostrazione del pressapochismo con cui la maggioranza di centrodestra continua a trattare la gestione della sanità lombarda che – commenta Michele Iannotti, segretario provinciale del Pd – diventa, purtroppo, mese dopo mese, sempre meno pubblica e più privata con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti, anche nella nostra provincia dove nelle strutture pubbliche dobbiamo aspettare mesi, se non anni, per una visita specialistica o un esame diagnostico, mentre in pochi giorni si trova risposta nelle strutture private, per non parlare della carenza dei medici di medicina generale che lascia scoperti migliaia di cittadini per via di 30 medici mancanti con bandi di concorso che vanno sistematicamente deserti al 90%.
Una situazione che non è più tollerabile, non lo è da nessuna parte, men che meno in un territorio già particolarmente fragile come quello dell’unica provincia interamente montana della Lombardia dove gli spostamenti sono problematici e dove la sanità dovrebbe avere una maggiore attenzione da parte di Milano”.
“La Regione Lombardia scarica i cittadini, trincerandosi dietro la fama di eccellenza sanitaria italiana: se prima i lombardi che rinunciavano alle cure erano 1 su 20, ora siamo a 1 su 9 – ha detto Pierfrancesco Majorino, capogruppo regionale del Pd, al termine della trattazione della mozione -.
L’alternativa è pagare.
Volevamo iniziare a correggere le storture lavorando insieme alla maggioranza anche per chiedere al Governo Meloni di invertire il trend sul definanziamento del servizio sanitario regionale, perché c’è bisogno di più risorse e più riforme per rendere il sistema socio sanitario lombardo meno discriminante.
Ma il centrodestra ci ha sbattuto la porta in faccia”.
“L’assessore Bertolaso, rispondendoci, ha anche parlato di anarchia delle singole strutture sanitarie e io sono molto d’accordo con lui perché manca una politica regionale forte e una volontà di riorganizzare il sistema, come abbiamo proposto nella nostra mozione – ha proseguito Majorino –.
Soprattutto mi preoccupa la mancanza di un piano riguardante le case di comunità: siamo solo a metà del programma, rischiamo di perdere la grande occasione del Pnrr per responsabilità dirette, non c’è nessun tipo di organizzazione, non si affronta in nessun modo il tema del personale, anzi oggi si dà la responsabilità tutta a Roma e intanto Regione si gira dall’altra parte”.
Per i dem la bocciatura della mozione con la richiesta di rinviarla in Commissione Sanità, è stata una vera e propria “porta sbattuta in faccia alla minoranza, nonostante questa Giunta dica di voler tenere in maggiore considerazione il consiglio rispetto al passato, invece nulla è cambiato – ha sottolineato Carlo Borghetti consigliere regionale del Pd, primo firmatario della mozione –.
Noi abbiamo semplicemente chiesto di fare dei piani e Bertolaso sa perfettamente come si organizzano: servono innanzitutto delle risorse, vanno individuati dei passi da fare, delle verifiche durante il percorso.
Se ne poteva discutere, potevamo continuare a dettagliarli insieme.
Ad esempio: vogliamo rivedere gli ambiti carenti?
Vogliamo mettere in rete i medici di base?
Vogliamo dargli il supporto di un infermiere, di una segretaria?
E per le liste d’attesa serve un’agenda unica dove il privato fa tutte le prestazioni, non solo quelle che decide di fare.
Infine, ricordo che il Piano socio sanitario è scaduto da 9 anni, sono quasi due lustri che non abbiamo un indirizzo”.
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