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“Stop all’intervento, è una ferita nel paesaggio”. Lettera aperta del Cai Morbegno sulla ciclovia al lago Zancone, in alta Val Gerola

today17 Ottobre 2023 1650

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ciclovia valgerola
Molti conoscono il lago Zancone, in alta Val Gerola, e tutti quelli che lo conoscono ne apprezzano le particolari tonalità di colore, la limpidezza delle acque, la selvaggia bellezza dell’ambiente in cui è posto. Lo specchio d’acqua si trova all’interno del Parco delle Orobie Valtellinesi, in area protetta e vincolata.

Proprio per le sue peculiari bellezze e per il vincolo normativo che lo protegge, l’ultima cosa che ci si aspetta e di vedere una pala meccanica che ne percorra le sponde. Eppure questo è uno scenario ormai imminente, tanto che i mezzi meccanici sono già saliti al vicino alpeggio di Trona. E’ stato infatti redatto un progetto per la realizzazione di una ciclovia intercomunale, e quella ora in atto costituisce l’attuazione di uno stralcio progettuale esecutivo. Le opere sono già state appaltate e ne è iniziata l’esecuzione.

La via sostanzialmente parte poco oltre il rifugio di Trona Soliva, attraversa il circo vallivo per poi passare dalla parte opposta della valle della Pietra.
Verrà quindi aperto un nuovo tracciato sulla sponda sopra il lago Trona, che dovrebbero raggiungere il lago Zancone, per poi procedere verso la Val Tronella, una delle pochissime valli incontaminate, non raggiunte da strade. Crediamo che gli ideatori del percorso abbiano voluto toccare uno dei punti più belli della valle per aumentare l’attrattività della via che intendono realizzare, a scapito però del sito stesso, che fa del suo essere luogo isolato ed incontaminato il suo punto di forza.

lI CAI non è contro la frequentazione della montagna, anzi, promuove l’andar per monti. E’ contro invece lo sfruttamento della montagna, ed in questa azione se ne ravvisano gli estremi. E’ un progetto che piega l’ambiente alle esigenze turistiche, forza l’orografia a favore di una percorribilità non connaturata allo stato dei luoghi. Non tutti i luoghi devo essere per forza raggiungibili ed occorre ricordare che la montagna può essere un luogo per ricrearsi ma non è un parco giochi. E’ un luogo in cui entrare in punta di piedi e da cui uscirne possibilmente senza lasciare traccia del proprio passaggio.

Sollecitati da molti nostri soci, preoccupati per l’avanzare di questo progetto, siamo entrati nel merito dei permessi autorizzativi, soprattutto per vedere come gli Enti proposti alla tutela di questi luoghi avessero risposto alle istanze dei richiedenti. La Soprintendenza al Paesaggio in sostanza ha dato il suo benestare alla realizzazione del tracciato purchè questo venga realizzato (giustamente a nostro parere) senza spostare o eliminare i massi che possano trovarsi sul percorso. Ora, chi conosce i luoghi in prossimità del lago Zancone saprà benissimo che è praticamente impossibile tracciare un percorso in quella zona senza spostare o far saltare diversi massi, se non disattendendo questa prescrizione cogente. Aggiungiamo inoltre che la via attraversa un tratto, sopra il lago di Trona, estremamente esposto alla cadute di slavine in inverno e di frane nel resto dell’anno.

Realizzare un percorso su questo versante significa dover realizzare dei sistemi di ancoraggio piuttosto impattanti, e soprattutto il dover attuare un costante programma di interventi di manutenzione, peraltro in un luogo molto lontano e difficile, con un conseguente aumento dei costi. Sapendo come i programmi manutentivi sono quasi sempre disattesi, è facile immaginare che in poco tempo il sentiero non sarà più praticabile. Nel frattempo altri enti e gruppi
si stanno muovendo per far sentire il proprio dissenso verso questa azione e chiederne la non attuazione. Anche noi ci allineiamo a queste richieste.

Chiediamo la sospensione dell’intervento ed una sua rimodulazione, individuando dei percorsi alternativi a quello che prevede il passaggio dal lago Zancone. Offriamo la nostra collaborazione in merito, mettendo a disposizione la nostra conoscenza dei luoghi e la nostra competenza in tema di sentieristica, nell’ottica di salvare uno dei gioielli del Parco delle Orobie.
Facendo un discorso più generale diciamo che comunque siamo contrari all’apertura delle nuove ciclovie. Va detto che al loro primo apparire parevano un buon approccio alla montagna: la bici a pedalata assistita è un mezzo pulito, che non inquina e non produce rumore, con un motore elettrico in grado di dare una spinta propulvisa tale da vincere anche delle pendenze impegnative e quindi adatto a molti sentieri. Le sue ridotte dimensioni fanno si che non necessiti di vie particolarmente larghe, e che quindi con pochi aggiustamenti i sentieri esistenti potevano essere adattati alla loro percorrenza senza stravolgimenti.

Questo sulla carta.
Poi abbiamo visto le prime realizzazioni e ci si è accorti che le cose stanno ben diversamente. Il sentiero, immaginato dal progettista inserito armoniosamente nel paesaggio, nella sua fase esecutiva diventa uno sfregio nel verde, uno scasso aperto dallo scavatorista con la logica della minor spesa. Se il sentiero aggira il masso o l’albero e asseconda il pendio, la ciclovia tira dritto, eliminando ciò che trova sul suo percorso, cancellando i segni di antichi passaggi, le stratificazioni di percorsi secolari aperti da uomini e animali che condividevano lo stesso territorio.

C’è una differenza enorme tra il sentiero storico e le nuove ciclovie. Il primo è una vena, un’arteria pulsante in cui scorre la linfa di un terreno vivo, è organico al luogo in cui si innesta armoniosamente.

La ciclovia invece è una ferita nel paesaggio, un percorso che attraversa un ambiente ma da cui ne resta avulso, non lo asseconda ma lo piega alle proprie esigenze: scotica il prato, abbatte l’albero, fa saltare il masso. Dice bene Michele Comi in un suo scritto: “scassare l’impervio e livellare gli ostacoli lungo antiche vie è il sacrificio che tante vallate stanno offrendo per abbattere la barriera della fatica e consentire ai ciclisti di andare ovunque. Questo significa
rinunciare completamente ad accogliere i nostri limiti, senza accettare la meravigliosa imperfezione di sentieri, rocce, boschi e pascoli, perdendo la possibilità di trovare un senso, relazioni ed esperienza autentica con le nostre montagne.”
La montagna è un ambiente molto delicato, non in grado di assorbire azioni così violente ed invasive come l’apertura di questi percorsi per e-bike, se non in tempi lunghissimi.
Paradossalmente questi progetti di valorizzazione del territorio ne minano l’aspetto più importante e cioè quello di essere luoghi incontaminati, lontani, non addomesticati. Inoltre sono interventi con uno scarsissimo grado di reversibilità. Facciamo quindi appello alla sensibilità degli amministratori e lanciamo un monito alle loro responsabilità perché non attuino interventi, apparentemente vantaggiosi e fruttuosi ma che in realtà possono rivelarsi estremamente controproducenti.

Club Alpino Italiano
Sezione di Morbegno







Written by: Redazione

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