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OGGI, DOMENICA 28 DICEMBRE GIUBILEO 2025 – PELLEGRINI DI SPERANZA CHIUSURA DELL’ANNO SANTO NELLE DIOCESI

today28 Dicembre 2025

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Card. Cantoni 27 08 22
Come indicato nella Bolla di indizione “Spes non confundit”, la chiusura dell’Anno Santo, nelle Chiese particolari, avviene oggi domenica 28 dicembre 2025, mentre il Giubileo Ordinario terminerà con la chiusura della Porta Santa in San Pietro, in Vaticano, il 6 gennaio, Epifania del Signore. Nella Festa della Santa Famiglia, alle 15.00, in Cattedrale, a Como, celebrata la Santa Messa pontificale, presieduta dal Vescovo, cardinale Oscar Cantoni, a conclusione del Giubileo della Speranza.

 

OMELIA DEL VESCOVO

 

 

La santa famiglia di Nazareth, con Maria, Giuseppe e il bambino Gesù, ci accoglie con gioia in questa nostra casa comune. Benvenuti a tutti voi, provenienti da ogni parte della nostra diocesi. Sono presenti anche le autorità civili e militari, che hanno aderito al nostro invito e che ringraziamo per questo segno di attenzione alla nostra Chiesa.

È un momento solenne e insieme familiare, di gratitudine e di memoria, per una nuova ripartenza.

Il Giubileo del 2025, che oggi concludiamo, è iniziato con l’augurio dell’amato papa Francesco: “La speranza ricolmi il vostro cuore!“. Siamo stati inondati di nuova luce perché ci è stato offerto un tempo di incontro vivo, personale e comunitario, con il Signore Gesù, porta di salvezza, che ci ha permesso di metterci, a nostra volta, nelle condizioni di poter “rianimare la speranza”.

In verità, ci troviamo, a causa delle sessanta guerre, presenti nel mondo, per lo più ignorate, dei disastri naturali, del prevalere della povertà, della violenza e di tante ingiustizie, delle prepotenze dei potenti, in un momento storico in cui l’umanità sembra rassegnata al male, con una forte tentazione alla disperazione. Il buio sembra talmente grande che c’è chi vive ormai scoraggiato e deluso. Non pochi tra i nostri contemporanei hanno rinunciato a lottare per cambiare il mondo e la storia. Vedendo che i problemi non si risolvono, molti si sono rifugiati nel privato, nell’individualismo, favorendo una conseguente anemia della speranza.

Anche non pochi cristiani sono stati tentati, in questo periodo, di affermare che ormai è inutile “pensare alla grande”, cambiare il mondo e la storia, sognare vie alternative e questo, purtroppo, anche da parte di molti giovani, che non vedono roseo il loro futuro.

Dentro questo contesto storico, l’invito del Papa è giunto a noi cristiani come una vera e forte provocazione.

Se nelle nostre società si avverte quasi un tramonto della speranza, come cristiani abbiamo avuto piuttosto il preciso mandato di accogliere questa grande sfida: irradiare la luce della speranza, frutto della esperienza viva dell’amore di Dio, che suscita nel cuore la speranza certa della salvezza in Cristo Gesù, morto e risorto.

La forza che scaturisce dalla croce e dalla risurrezione di Cristo ci incoraggia ad affrontare difficoltà e prove, perché il male è già stato sopraffatto dalla vittoria della croce, così che anche quando umanamente la speranza sembra crollare, possiamo affermare con s. Paolo: “Ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza”. Essa poi, frutto dello Spirito Santo, tiene viva la speranza e la consolida come virtù e stile di vita.

Perché la verità di queste affermazioni non restassero lettera morta, nel corso di questo Anno Giubilare ci sono state offerte varie occasioni per una sincera conversione, mediante la possibilità di fare una viva esperienza dell’amore di Dio, che suscita nel cuore la speranza certa della salvezza in Cristo.

Molte parrocchie hanno organizzato pellegrinaggi alle Chiese giubilari nella nostra diocesi: qui in Cattedrale, nel santuario della Santissima Trinità misericordia di Maccio, nei santuari mariani di Caravate e di Tirano. Molti di voi hanno preso parte a varie celebrazioni a Roma attraverso diversi appuntamenti, il più significativo dei quali è stato il nostro pellegrinaggio giubilare diocesano, a cui hanno preso parte ben milletrecento persone, dal 18 al 21 settembre scorso.

Questo esercizio penitenziale, proposto a più livelli, perché fosse fruttuoso, ha comportato per i cristiani che hanno vissuto l’indulgenza giubilare una nuova assunzione di responsabilità.                  Molte persone, a seguito della partecipazione ai vari pellegrinaggi giubilari, hanno assunto l’impegno di trasmettere gioia, entusiasmo e soprattutto hanno espresso il desiderio sincero di “seminare speranza” nei vari ambienti di vita.

Per la verità è consolante che, come frutto dei vari pellegrinaggi, abbiamo riscoperto la presenza nei nostri ambienti di molti luoghi di speranza.

Ricordo quanti in questi mesi si sono prodigati per i tanti fratelli e sorelle che vivono in situazioni di disagio, quanti si sono adoperati perché i nostri fratelli reclusi potessero vivere in condizioni più dignitose.

Segni di speranza hanno offerto ai malati, agli anziani, alle persone fragili gli operatori sanitari e quanti si sono dedicati al volontariato. Non è mancato il servizio ai migranti, ai profughi, ai senza fissa dimora, alle persone che hanno perso il lavoro e alle famiglie povere.

Sono segni di speranza anche quanti, con un linguaggio semplice e comprensibile a tutti, hanno fatto emergere le ragioni della speranza là dove erano più percettibili i segni di scoraggiamento, di tristezza e di rassegnazione, là dove la speranza è stata perduta, annunciando Cristo Gesù. Con Lui la gioia fiorisce, la vita cambia, con Lui la speranza non delude.

Cristo risorto è la porta santa sempre aperta che ci introduce nella vita divina. Egli resta per sempre in mezzo a noi e dona sé stesso. In Lui ogni ferita è risanata e ogni cuore trova riposo e pace.

Al termine di questo Anno santo, per continuare sulla scia di questo tempo privilegiato, vorrei che ci aiutassimo a fare nostre le consegne che papa Leone ha lasciato nel suo incontro con i vescovi italiani, il 17 giugno scorso. Egli ha incoraggiato ogni Comunità (parrocchie, vicariati, associazioni, movimenti e gruppi) a diventare “una casa della pace”, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono”. “La pace, prosegue il Papa, non è una utopia spirituale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione. E che chiede oggi, più che mai, la nostra presenza vigile e generativa”.

Non si tratta solamente di una pia esortazione, ma è un compito obbligante impegnarsi in prima persona e come comunità alla cultura della pace, se non si vuole ridurre a un nostalgico ricordo ciò che insieme abbiamo vissuto e condiviso nel corso di questo Anno Santo.

La pace si costruisce nel cuore e a partire dal cuore, sradicando l’orgoglio e le rivendicazioni, misurando il linguaggio, poiché si può ferire e uccidere anche con le parole, non solo con le armi!

Oltre che il messaggio del Papa per il 1^ gennaio, giornata mondiale della pace, ci può essere di grande aiuto il recente documento della Conferenza episcopale italiana “Educare alla pace(per una pace disarmata e disarmante) del 5 dicembre scorso, che aiuta a riscoprire la centralità di Cristo come “nostra pace” e sottolinea l’importanza di una educazione alla pace che coinvolga famiglie, scuole e comunità, promuovendo dialogo, giustizia e rispetto reciproco.

Come cristiani siamo chiamati in prima linea a promuovere una via per passare dalla antica logica del “se vuoi la pace prepara la guerra”, a quella più profetica: “Se vuoi la pace prepara la pace”.

La pace di Cristo regni nei vostri cuori”. La casa di Nazareth, dimora di Gesù fanciullo con Maria e Giuseppe, diventi il modello del nostro vivere insieme, per crescere nell’unità, mediante relazioni rispettose e serene da parte di ciascuno, sperimentando insieme e in armonia la forza rinnovatrice del Vangelo.

Oscar card. CANTONI







Scritto da: Giuliano Padroni

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