Essere argento olimpico e non poter avere un nuovo paio di sci perché i suoi erano troppo usurati proprio in vista dell’ennesima prova olimpica sembra un paradosso, eppure è capitato per chi ha avuto la “colpa” di essere soltanto una donna.
È quello che è successo a Claudia Giordani, capitana della Valanga Rosa capace di conquistare nel 1976 due argenti, uno olimpico e uno mondiale, oltre a tre vittorie in Coppa del Mondo.
E da allora Claudia, ospite del Panathlon Club di Sondrio durante la consueta conviviale mensile, si è impegnata per promuovere la parità di genere nel mondo dello sport, diventando persino vice Presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, dopo tanti anni di presidenza del Comitato provinciale di Milano.
Ma andiamo per gradi: la sua carriera sportiva e di tutte le sue colleghe non è stata di certo facile: all’epoca per loro il mondo dello sci e dello sport in generale era osteggiato anche dagli uomini.
Com’è cambiato questo mondo a livello femminile? L’ex campionessa di sci alpino l’ha vissuto sia da tecnico che da sportivo e proprio in occasione delle imminenti Olimpiadi di Milano Cortina 2026, Giordani ha raccontato ai soci del Panathlon Club di Sondrio, riuniti presso il ristorante La Moia di Albosaggia, l’evoluzione dello sport femminile, a partire dai primi giochi a cinque cerchi ai più recenti di Parigi 2024.
“Nonostante ci sia una carta olimpica che da più di 100 anni guida lo sport, in realtà quello femminile è ancora in via di miglioramento – ha esordito l’ospite del club, presentata dal Presidente Luigi Azzalini- basti pensare che agli albori, parliamo di fine 800 e inizio 900, alle donne era proibito parteciparvi.”
Solo con le ultime Olimpiadi parigine è stata raggiunta l’equità numerica tra i partecipanti di entrambi i sessi: “Questo è stato un evento che ha decisamente cambiato la visione e la programmazione dei giochi – ha spiegato – e ricordiamoci che sulle 12 medaglie d’oro delle 40 totali conquistate dall’Italia, ben 7 sono state ottenute dalle nostre donne.”
Da qui è partito un excursus su tutta la storia del movimento olimpico femminile, da chi, nel lontano 1900, ha aperto la strada presenziando ai giochi a livello dimostrativo, fino ai giorni nostri: “Ondina Valla è stata la prima italiana nel 1936 a vincere un oro negli 80 a ostacoli -ha ricordato- mentre la prima donna a declamare il giuramento dell’atleta è stata Giuliana Minuzzo, nelle Olimpiadi invernali del 1956.”
Giordani ha poi sottolineato come non tutti gli sport del programma olimpico nel passato potessero essere praticati dalle donne: basti pensare che il ciclismo è stato aperto al gentil sesso soltanto nell’84 e la boxe addirittura nel 2012: “A partire dal 1989 c’è stata un’accelerazione nel processo di integrazione grazie all’insediamento della ‘Commissione Atleti’, un organismo fatto dagli atleti stessi che, insieme ai dirigenti, modella e organizza il mondo sportivo. Sono proprio gli atleti il cuore dello sport -ha proseguito – e forniscono un grande contributo per il mondo sportivo, sia per equità che per approfondimenti sul campo tecnico, da sempre portato avanti esclusivamente dagli uomini, perché questa realtà è molto maschile.”
Giordani ha inoltre sottolineato la necessità di un’alleanza tra i due sessi, “perché è davvero assurdo non consentire alla metà della popolazione di non partecipare e che questa trasformazione è l’esempio della volontà di voler cambiare le cose.”
Il CONI da diversi anni sta cercando di favorire l’ingresso delle donne non solo in ambito competitivo, ma anche in quello dirigenziale e tecnico, degli ufficiali di gara e soprattutto si sta adoperando affinché il racconto dello sport sia più corretto dal punto di vista della parità: “Di recente la Fondazione Milano Cortina ha tradotto in italiano un documento che contiene suggerimenti e spunti per raccontare lo sport in maniera più equa e corretta, perché non ci sono ancora situazioni giuste” ha chiosato Giordani. Un esempio? Soltanto il 4% dei contenuti sportivi è dedicato alle donne, quest’ultime presenti poi in qualità di giornaliste alle Olimpiadi solo per il 20%.
“Serve usare immagini e voci uguali, perché la quantità del racconto consente la costruzione di una rappresentazione equa – ha proseguito – le parole sono importanti e devono essere usate nel modo corretto. Ci tengo a ribadire che equità e uguaglianza non sono sinonimi, perché essere equi significa comprendere le specificità e fornire ciò di cui si ha bisogno per raggiungere la parità. Fateci caso alla differenza di enfasi tra una telecronaca di calcio maschile, ricca di pathos ed emozione, rispetto a quella femminile, molto più lenta e decisamente poco entusiasmante: c’è un abisso”.
L’ospite si è inoltre soffermata sul bisogno di sottolineare la prestazione, perché a livello fisico e genetico non siamo uguali, ma la costanza, l’impegno e la passione sono gli stessi.
Ma esistono davvero sport maschili e femminili? “Il CONI punta all’introduzione di gare a squadre miste per raggiungere l’obiettivo di equità – ha evidenziato – e l’Italia è forte in questo campo grazie ai campioni Olimpici di vela Ruggero Tita e Caterina Banti e di tiro al volo Diana Bacosi e Gabriele Rossetti. Oltre a essere coinvolgenti -ha proseguito- vengono introdotte soprattutto a livello giovanile per mettere in evidenza la capacità di entrambi, sia donne che uomini.
Ma le disuguaglianze non finiscono qui: i dati confermano la presenza di numerose donne allenatrici, ma difficilmente queste riescono a raggiungere alti livelli: a Tokio 2020 erano solo il 13%, mentre a Parigi il 25%. Nei Giochi Olimpici invernali di Pechino persino il 10%. In Italia, a livello dirigenziale, solo il 20% è di sesso femminile, le allenatrici sono il 20.8%, le giudici di gara il 20% e le dirigenti federali il 13.7%: “In 100 anni di storia del CONI, non c’è stata più di una Presidenza di federazione femminile – ha rimarcato Giordani – e nessuna ancora alla dirigenza del CONI nazionale.
Serve davvero la presenza delle donne per tanti motivi, per un ambiente più equo e inclusivo, ma per dare anche una visione comune diversa. Per la prima volta nella storia è stata candidata una donna alla dirigenza del CONI internazionale che si eleggerà a marzo” ha concluso.
E alla domanda se fosse pronta a prendere le redini della dirigenza nazionale ha risposto: “Credo di non aver ancora così tanta energia considerata l’età, ne servirebbe una più giovane.”
Ma Giordani continuerà a promuovere non solo il valore dell’equità, ma tutti quelli che vengono citati nella carta olimpica, tra cui amicizia, solidarietà e Fair Play: “Il movimento dello sport vuole essere promotore della pace – ha specificato – pensate che al CONI aderiscono più stati di quelli presenti nelle Nazioni Unite. Ricordiamoci il motto delle Olimpiadi, ovvero “Faster, higher, stronger…together”, che significa “più veloci, più in alto, più forti…insieme” perché lo sport fa la sua parte tutti i giorni per rendere il mondo migliore”.
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